Io ho molti nomi e molti volti.
E tutti me li porto dietro.
Porto con me treccine colorate
E capelli rasati a zero,
vestitini estivi
e pantaloni militari.
La mia storia è una storia
Che ha incontrato un’altra storia
Che ha incontrato un’altra storia
E adesso è pronta.
Ho con me molti nomi e molti volti.

Io sono andata a genova per una scommessa.
Io volevo andare a Napoli,
a manifestare contro la Nato.
Americà, jatevinne!
Solo che ho sedici anni, che palle,
allora sono andata da mia mamma e le hpo detto;
“Mamma, io vado a Napoli…
a manifestare contro la Nato”.
“A Napoli? A manifestare contro la Nato? Domani? Dai!!
E’ troppo presto. Facciamo così;
domani tu stai a casa e poi fra qualche mese
che sei anche più grande,
magari vai a Genova”
Genova! Il summit! Un corteo? Tre cortei!
Una settimana! Gente che viene da tutto il mondo!
Solo che poi più si andava avanti
E più arrivavano notizie inquietanti…
“previsto lancio di sacchetti di sangue infetto
all’interno della zona rossa…”
Mamma? Me l’hai promesso!
Dai, ma sono quelle cose che dicono così,
tipo strategia della tensione…
“previsto attentato di Al Queda durante il summit.
Mobilitate più di diciottomila forze dell’ordine…”
Mamma! Me l’hai promesso!
E poi dai non staranno tutti diciottomila a menare me!
Mamma, me l’hai promesso e io vado!
Solo che io non volevo solo andare lì a fare le manifestazioni
Io ci volevo stare dentro completamente,
anche nella preparazione, avere un ruolo,
capire quale poteva essere il mio contributo.
Allora andavo alle assemblee.
“Io proporrei un gruppo per creare delle performance artistico-teatrali.”
Ecco, io e la performance….
“Io vorrei portare ma mia esperienza di hackeraggio
all’interno della pratica mediattivista”.
Ecco, io e l’hackeraggio…
Scusate, ma non ci sarebbe bisogno, non so…di fare la spesa?
Cosa? Gruppo logistico?
Si chiama gruppo logistico?
Allora iuo sono il gruppo logistico!
Bene, la spesa. Pasta? Tutti d’accordo!
Pelati? Tutti d’accordo!
Scatolette di tonno! Il tonno ti salva sempre!
Come? La nutella? E ho capito che ti fa passare la depressione
Ma è anche della Nestlé, dai….Come?
Le pesche sciroppate?
Cosa faccio…compro pesche sciroppate per cinquemila persone.
Dai…compratele tu…a parte….
Come? Andare a Rozzano? Alla fabbrica?
Salve, avremo bisogno di trecento maschere antigas.
Trecento maschere antigas. Per cosa?
Beh…per…come dire…performance teatrale? No eh…
E va bene, sono per Genova.
No, ma a lei non le succede niente…
Oh, ce l’abbiamo scritto in faccia che andiamo a Genova?
Senta, non faccia storie ci dia le maschere e ci fa anche loi sconto
Che veniamo qui con due milioni di spesa, sull’unghia!
E’ rimasto basito e ci ha fatto anche lo sconto!
Ecco, tutto quello che avevi organizzato…saltato completamente…tutto.
Ci siamo ritrovati in una situazione che non avevamo previsto…assolutamente…
Non capivamo…confusi…anche gente di una certa età…
C’era una signora, avrà avuto sessanta anni…era arzilla…
Però non capiva… era confusa…in mezzo ai fumi…
Con la bandiera dei Ds…confusa…signora si sposti…
In quei momenti che ognuno pensa solo a se stesso,
a salvare il culo,
io avevo i pantaloni strappati fino al ginocchio…
io stavo in piedi solo perché mi tenevano su gli altri,
in certi momenti ho pensato di morire…
moi sono detta adesso mi fermo, mi siedo,
e se devo moroire muoio.
Il giorno dopo sono anche svenuta.
Genova è stata un’esperienza drammatoica,
veramente l’ho vissuta male,
doppo Genova non ho parlato per una settimana.
Ero a casa, fissavo il muro, incredula.
E svuotavo il frigo.
Avrò perso tipo sette chili a Genova, li ho ripresi tutti.
Se ci fosse un altro G8 probabilmente lo rifarei,
scapperei di casa, sicuramente…credo…

Adesso tutto è diventato pesante
Adesso i corpi sentono tutto
La maglietta che tira,
la pelle che brucia.
Adesso ci si stringe alle sigarette
E il sonno non si sa più cos’é.
C’è troppo da fare:
le tende, l’acqua, la mensa
le info, le luci, gli elicotteri,
gli allarmi bomba, i cessi,
le perquise, i giornalisti.
Ci faremo del male?
La città bolle
E i capelli sono diventati fragili.
Adesso è solo polvere addosso
E neanche un colore esce più.
Afa e fumo
Afa e lacrimogeni
Un ronzio di elicotteri sulla testa
Sole al neon
Ci faremo del male?
Non importa, c’è troppo da fare.

A Genova c’erano gli angeli custodi,
apparivano un po’ dappertutto,
anche persone che non conoscevi.
Io ne ho avuto almeno quattro o cinque.
Il primo è stato venerdì, durante gli scontri;
Qualcuno ci dice di andarci in bocca agli scontri.
Pessima idea.
Noi eravamo coi carrelli dell’assistenza,
con l’acqua, i limoni, la fisiologica,
la gente correva indietro… si accalca sui nostri carrelli…
faccio in tempo a dare tre quattro bottiglie d’acqua, qualche limone,
poi delirio, panico…
Giulia, una ragazza che era con me, mi prende, mi abbraccia,
e usciamo piano, senza correre, senza fare casino,
mo dice…respiriamo insieme.
Ti volti e vedi la gente che cade per terra
Lei mi ha guardato in faccia e ha capito.
Un altro è stato sabato.
Io ero scesa in corteo in canottiera,
senza protezioni, senza maschera, ero stufa,
non ne avevo più voglia…mi ero detta
se oggi vado in corteo voglio che sia una cosa tranquilla…
tirano i lacrimogeni…vicino a un tunnel…quelli urticanti…
la pelle completamente esposta…
Simone, un ragazzo più piccolo di me
Mi da una maschera, era una maschera del venerdì,
senza più filtro, non serviva più a niente,
però mi ha fatto piacere lo stesso…
mi ha fatto piacere lo stesso.
Quando le hanno sgomberate la prima volta
Loro si erano messe tutte in fila davanti al portone
Una accanto all’altra, legate con le catene…
Io non mi muovo…
Sette del mattino, centinaia di giornalisti,
miriadi di telecamere…”io non mi muovo…”
tanto che quegli altri sono dovuti andare lì con le tenaglie…
stac…a una a una… stac…e le hanno allontanate tutte.
A un certo punto…uam…il portone ha preso fuoco…
Non c’era nessuno davanti, non c’era nessuno dietro
E il portone…uam…ha preso fuoco.
La ruspa è dovuta passare in mezzo a un portone infuoicato.
Intanto loro hanno cominciato a camminare
E cammina che ti cammina sono arrivate
Davanti a un posto enorme, gigantesco,
molto più grande di quello di prima,
pieno di macerie, pieno di amianto…
le macerie le hanno spostate loro…
beh…non tutte…alcune sono rimaste
perché quegli altri, quelli delle tenaglie,
non glie le hanno mica portate via.
Ci siamo detti; qui dobbiamo sviluppare i nostri desideri.
Abbiamo occupato uno spazio
Perché volevamo un posto dove potere sviluppare i nostri desideri.
Questa è l’esperienza che mi appartiene di più,
che va anche al di là della pratica politica in senso stretto;
Che emozione entrare al primo Bulk.
Perché? Perché avevo quindici anni,
non sapevo cosa fossero i centri sociali…prime esperienze…
guardarsi attorno…vedere questo spazio.
Questo spazio adesso è nostro, ci lavoriamo,
ci facciamo quello che vogliamo noi, senza regole imposte,
senza obblighi, costrizioni, doveri,
fuori dalle abitudini. Le abitudini…
il liceo…lo facevo…contenta…
mia sorella più grande aveva fatto il liceo…
per caso io ero all’occupazione…
per caso è cambiata la mia vita…
altrimenti avrei finito il Liceo uscendo il sabato serra
e studiando il pomeriggio e basta…
Io ci penso ancora adesso…
Che le strade sono già tutte fissate….
So che senza quella scelta
Non sarei mai arrivata a fare certi pensieri, certe cose…
O ad avere la voglia di farsi sentire dagli altri.
Per me invece fare politica è farsi sentire dagli altri.
I miei amici…leggono i giornale…quello che succede nel mondo…
Lo commentano ma poi si ferma lì.
Sono solo spettatori.
Io non sono più solo spettatrice.
Io sulle cose che mi interessano veramente
Ci voglio fare su qualcosa.?
Non serve a niente?
Io lo che non sarà un’occupazione a cambiare tutto,
ma almeno è un modo di sperimentare un’altra maniera di vivere.
Non bisogna per forza restare attaccati al tanto non serve a niente.
Non mi importa niente se non serve a niente,
cioè, lo voglio fare lo stesso,
perché adesso mi sento di farlo.
Io la vedo molto così.
All’inizio mi affascinava vedere ragazzi che si prendevano una scuola,
ci facevano i concerti dentro, questo era molto affascinante,
se io adesso ci sono finito dentro è perché sono rimasto affascinato.

All’inizio erano i cortei dove i ragazzi
Mettevano su la musica bella,
la musica che piaceva a me,
finalmente un po’ di tecno.

All’inizio è stata la storia di Che Guevara
E il disco degli Assalti Frontali.

All’inizio è stato passare dalle panchine
A un posto che va occupato, gestito, messo a posto.

All’inizio è stato il carro spatarro,
camion spavaldo, appariscente, con ma musica fortre,
addobbato di plastica e di cartelli.
All’inizio è stato il senso di scoprire delle cose.
Come un’ispezione. Un’ispezione umana.
Paolino, andiamo a fare un giro nella zona rossa…
Prima che ce la chiudano…dai…
Che da domani non ci fanno più entrare.
Era come essere proiettati in un giochino di bambini,
come un investigatore privato
che va vedere le vie, a scovare i punti caldi,
come un bambino che guarda e si stupisce.
Paolino, succederà là!
E ci pensavi, e ci pensavi!
Paolino, andiamo a vedere il Media Center?
Che cos’è un Media Center?
Non c’è mai stato un Media Center per me.
Per me era tutto nuovo.
Farsi tutta la città in motorino,
non sapere cosa fare,
inventarsi ogni giorno cose nuove
in uno spazio sconosciuto, tra persone sconosciute.
E tu Paolino, chi sei? Sei il mio capo?
Sei quello che mi accompagna nell’ispezione?
Sei uno che ho voglia di scoprire?
Sei stanco? Andiamoci a prendere un caffè,
dai, andiamoc assieme, così ci capiamo, ci conosciamo.
All’inizio era una specie di ispezione personale
E dopo….
Cartoline da Genova.
Cartolina del reduce:
“io non voglio parlare di Genova come del 68 o del 77…come un apice…”(Martina)

Cartolina del tonno;
“era venerdì, ero riuscita a trovare una scatoletta di tonno…la stavo aprendo…alzo gli occhi…
tutumtutututum…un elicottero…
proprio sopra il tonno….”(Alessia)

Cartolina dell’inciampo:
“io l’unica volta che mi sono fatta male a Genova
è stata quando sono inciampata nello striscione che stavo portando,
non mi sono fatta niente ma sono andata in para
perché pensavo…e adesso come faccio a correre?…” (Anna)

Cartolina del fumo:
“sabato, stavo controllando che tutti fossero nei cordoni,
a un certo punto vedo una nuvoletta di fumo,
che cazzo è quel fumo…adrenalina a mille…
che cazzo è…che cazzo è…era un ceylum…
ho fatto una risata ma era proprio amara…”(Tommy)

Cartolina del carcere;
“ero con un mio amico grande e grosso…
a un cero punto si volta verso di me
e tutto serio mi dice…
quello lì è il carcere adesso ci risucchiano…” (Arianna)

Cartolina delle telefonate:
“Pronto? Dov’è? Dov’è? E’ tumefatto? Ah…
però è lì con voi! Ah, bene, bene, benissimo!”
L’importante era sapere dove uno era.
“Pronto? Ma dov’è? Dov’è? A vedere i fumi?
A fare gli scontri? Ah, meno male, mi ero preoccupata.”
L’importante era sapere dopve uno era.
Io sono andata lì un po’ di getto
Ho pensato…voglio andare a Genova…
sono salita sul treno…
quando stavo per arrivare mi sono detta
cerchiamo di capire che cosa voglio fare…
volevo andare a Genova
una delle emozioni più forti è stata quella dello smarrimento:
ad un certo punto non sapevi più dov’eri,
percepivi lo spazio come inesistente…
in alcuni momenti potevi essere dappertutto nel mondo…
mi ricordo delle camminate lunghissime senza…
in particolar modo al Marassi…
ci siamo ritrovati davanti al cimitero…
il tragitto dal carcere al cimitero
per me era stato completamente assurdo…
avevo la sensazione che mi stessero portando via
lo spazio e il tempo…
anche il tempo
sembra banale…non mangiavi mai…
ti chiedevi… che ore sono? Le tre…no sono le sei…
e continuavi a camminare, a camminare…
per cui anche il tempo, quello che per me è il tempo
era inesistente, era cristallizzato
poi abbiamo fatto tutto il lungomare…lì mi hanno detto di Carlo
è morto un ragazzo mi ha detto una ragazza
mi sono seduta per terra in mezzo alla strada
per un minuto a fissare l’asfalto
all’inizio cercavo di capire cosa fosse successo
poi dopo un po’ mi sono detta
non esiste la giustificazione
facevi un passo e dicevi
verso dove
che ore sono
dove sono
non lo sapevi
Non voglio diventare più brutto
Non voglio diventare più cinico
Non voglio diventare più rabbioso
Voglio che anche quello che è successo di doloroso, di faticoso
Non ci faccia diventare più seri, più strutturati, più freddi
Non voglio che qualcuno ci rimanga sotto
Io a Genova ho letto Proust
Ho letto “All’ombra delle fanciulle in fiore”
Tra le tre e le tre e mezza
prima dell’assemblea
che tutti dormivano e io non riuscivo
perché avevo troppa adrenalina addosso,
allora mi leggevo questi passaggi
talmente futili, talmente genuini, talmente profumati
che erano quasi rigeneranti,
molto più che dormire.
Esistono anche le cose tranquille …le cose piccole…
mangi una cazzo di maddalena e riscopri il tuo passato…
Era riscoperta degli odori.
Lo stadio puzzava di novemila persone
La piazza puzzava di lacrimogeni, di sudore, di sangue, di fatica.
Io mi rivedo nella tenda con tutte le lampo tirate su
oppure sotto la doccia a cercare di stare pulita
a mettermi le creme, a cambiarmi, profumarmi…
le cazzate… per lavarsi via la terra…il caldo…
lavarsi via tutto.
Quello che abbiamo fatto noi è stata una sorta
Di tabula rasa della memoria.
Perché la memoria è importante
Ma se te la tirano sempre addosso come un fardello
Allora è quasi meglio non averla.
Parliamone.
I fratelli maggiori…a me non piacciono.
Quelli che ti dicono:
“già fatto…oppure…ancora lì…
io vent’anni fa…”.
Appunto. Che se non ci fossimo noi a diciannove anni
A fare certe cose, quelli starebbero ancora agli anni settanta
E allora ti saluto politica.
Grazie per il contributo!
Sai cosa mi ha detto uno una volta…
Mi ha detto… io non devo essere amico di quelli con cui faccio politica…
Perché ci faccio politica…fuori…
Per noi è fondamentale…farci gli sbattimenti…e stare bene.
Stare svegli trenta ore di seguito…e stare bene.
Oggi è qui la festa
Perché biglietti di tutti i tipi
Sono appesi alla bacheca di legno.
Suonano tutti diversi, di lingua,
di colore, di pennarello, di appuntamenti, di richieste.
I mille mondi qui.
E appuntamenti dove ma città è impensata.
E riunioni, gruppi, collettivi, etnie,
che si danno appuntamenti
a dieci, dieci, dieci,
a venti, venti, venti.
Trecento appuntamenti e non so a quale andare.

Sarà che è appena cominciato
E oggi è martedì,
e la città è tutto un parlare.
I mille mondi qui.
Un filippino spunta a un angolo,
sta parlando con due tedeschi
e io ascolto una donna del Brasile
che racconta.

Ci si vede a dieci, dieci, dieci,
a venti, venti, venti.
E’ tutto fluido e con poca forma qui.
E’ la vita.

Oggi è qui la mia festa.
Che disegno il cerchio verde,
che disegno la linea rossa,
che disegno la spirale azzurra.
Bandiere, stendardi di ogni gusto.
Ecco, l’ho finita.
Questa bandiera di nessuno l’ho fatta io.
Frattura tra me che ero prima e me che sono adesso.
Frattura…forse meglio cesura…no troppo violento…
Beh…cambiamento…cosa c’entra…
Cambiamo sempre ogni giorno…magari con un esempio è più facile…
Ecco io non ho mai fatto…politica…
Politica la facciamo tutti…però nel senso…
Io ho avuto una lettura critica del mondo…
che brutta frase… molto snob…no… non è che io voglio dire ero all’esterno…
no…io non facevo parte di un gruppo…collettivo…parola vecchia…
cioè comunque mi interessava… solo non ero io in prima persona…
e invece a Genova io ho pensato solo che  semplicemente che…
non è giusto…non è giusto…non è giusto…
io comunque vengo da una famiglia abbastanza…agiata…no…non è che siamo ricchi…
però semplicemente non mi sono mai sentita adeguata a lottare…
lottare…che parola forte… voglio dire… come io… mi dicevo…
ma tu cosa c’entri… cosa vuoi…tu hai tutto no…cosa vuoi…cosa c’entri…
e invece lì a Genova…a me…proprio a me…mi ha fatto schifo…
mi fatto schifo….schifo schifo schifo…
perché devo avere paura di andare in giro per una città,
perché devo avere paura dei poliziotti,
perché sto lottando per una cosa in cui credo e devo avere paura…
non è giusto… mi ha fatto schifo…
otto persone e tutta quella polizia…
mi ha fatto schifo…finalmente mi ha fatto schifo qualcosa…
finalmente mi ha fatto schifo qualcosa.
Troppo lungo il passo?
Si chiedeva troppo?
Disobbedire?

Tornate, tornate, tornate!
Tornate ai fuori corso, ai fuori lavoro,
ai fuori vita, ai piccoli feeling,
alle energie della madonna,
al mi prende bene mi prende male,
tornate fuori.

Tornate all’ansia d’esame, di tutti gli esami.
Non fate il passo oltre.
Non disturbate il manovratore altrimenti…
Dopo venerdì non aprivo più gli occhi.
Li ho aperti con il taglierino.
E il giorno dopo ancora con i lacrimogeni.
Per una settimana non ci ho più visto.
L’altro giorno sono andata al Pronto Soccorso e un tipo mi fa:
“questa è una malattia che è venuta a molti dopo Genova…”
Sono tornata casa, ti guardi allo specchio, ti vedi.
Mia madre: “almeno sei tornata…”
Mi comprava di tutto…
Una notte mi sono svegliata e non vedevo niente
Però negli occhi avevo tutto il sangue,
le immagini di panico.
Ma non vedevo niente con gli occhi veri.
Lacrimogeni illegali, strani, fatti apposta per lì.
Adesso tutte le domande si riducono a:
“Ma tu hai visto i black bloc?
Ma tu hai spaccato le banche?
Ma tu hai visto i violenti?
E’ vero che sparavano?”
Il fulcro di Genova,
ma hanno voluto che fosse così,
è diventato la violenza di Genova;
E noi?
Oh…sono tornata…vieni giù…dai…
Cosa fai alla finestra…mantieni le distanze…
Vieni giù…ho tante cose da dirti…
Ho capito tante cose… cosa…cosa ho capito…
Ho capito che le persone sono reali…
Che scorre del sangue dentro i corpi…
Che della gente mette in gioco la propria vita…
Come? Ma non sono un’invasata!
I motivi, le ingiustizie…ci sono…lottare…
Ma vieni giù…cosa…non ti serve…
Ma come sai già tutto…hai visto le immagini…
Ma io c’ero…le immagini non sono vere…
Cosa…ci sarà il tempo per parlarne…
Adesso devi concentrarti molto sullo studio…
Come…ma io ce li ho i piedi per terra…
Cosa fai adesso…chiudi la finestra.
Come se reale fosse solo la tua vita.
Canzone canzoncina
Ti svegli la mattina
La mamma sta in cucina
Il caffè nella tazzina.

Canzone canzoncina
Gira la ruota
La testa è sempre vuota
Piena di gelatina.

Piena di parole
Che si parlano da sole
Piena di concetti
Detti e contraddetti.

S’ingorga la gola, si blocca il palato,
il vomito non sale, rimane il salato,
s’ingorga mla gola
si blocca il palato.
Alla fine è cambiato,
rispetto a quello che vivevo prima,
che tutto è diventato piccolo,
tutto è diventato microscopico.
Ci hanno fatto crescere
E la mia sensazione era:
“Perché ci costringono a crescere? Perché vogliono
che io mi confronti con questo?
Perché devo guardare la violenza, la morte, il sopruso, l’impotenza?
Io ho vent’anni. Perché devo provare l’impotenza,
l’incompiutezza. Io devo provare la potenza, l’energia potenziale,
non l’incapacità e il fatto che tutto ti sfugga di mano.
Non ho fatto tutto quello che dovevo fare.
Non ho finito. Perché? Tutto questo non è finito.”
IL racconto di Genova è il racconto di chi cerca di capire
L’evoluzione del tempo che gli scorre addosso.
Tutto flessibile, tutto globale,
ti ci perdi dentro.
Hai appena finito di capire una cosa
E ce n’è subito un’altra.
Ti ci perdi dentro.
Io so nuotare benissimo.
Ho vissuto per quindici anni in acqua.
Fino a sedici concepivo l’acqua come il mio elemento.
Ho fatto per dieci anni nuoto sincronizzato.
Tutti i giorni nuoti cinque ore, vivi per quello.
In acqua sei solo, entri pochissimo in contatto con gli altri.
Sei leggero, hai un’altra percezione di te.
E’ precisione nel movimento, nuoto sincronizzato,
hai tutto sotto controllo,
un centimetro fa la differenza.
Controllo, però in un posto leggero.
Genova era terra, terra, scappare,
chiedersi ma chi mi può aiutare,
chi mi può tirare fuori di qui.
Poi ti accorgi che chi ti può aiutare è lì vicino.
Devi guardare tutto, devi sentire tutto.
Sono io su questo terreno,
tutte le cose che sto toccando fanno parte di me.
Terra, terra, devo portarmi dentro tutto quello che tocco,
tutto quello che vedo. Raccogliere tutto.
Se mi rivedo a Genova mi rivedo in quella tenda
Dove ogni notte dormivi con persone diverse,
ti svegliavi la mattina senza chiedere il perché,
senza chiedere come mai, chi c’era di fianco a te.
Una tenda è quanto di più mobile ci sia al mondo,
non è la casa di nessuno.
Fare vivere quelle tende.