Prima stanza buia.

All’inizio fu una tazza.
Una tazza di tè, solo una tazza di tè.
Il tè fu medicina. Poi fu bevanda.
Poi fu poesia. Poi opera d’arte.
Poi spazio. Poi tempo.
Poi fu culto. E religione.
Culto di una cosa piccola
Piccola, era, culto dell’imperfetto.
Un momento. Un momento, niente più.
Un momento sottratto
a quell’invenzione che chiamiamo:
vita quotidiana. Scorrere dei giorni.
Che diventa morte in vita.
Solo un momento.
In cui stare e sedere. In cui ascoltare.
Le cose impalpabili.
Un gusto. Un aroma.
Un profumo. Una fragranza.
Un aroma sottratto al tempo.
Una fragranza che celebrava il bello.
Un bello piccolo. Che celebrava il nostro imperfetto.
Un bello semplice.
Un’economia del respiro. Niente di costoso.
Economia del gusto. Niente di complicato.
Solo un respiro. Un respiro dentro la bocca.
Per tutti. Per ricchi e per contadini.
Sobrietà. Geometria morale.
Tutti uniti. Tutti aristocratici del gusto.
Armonia. Fragile tentativo di un momento.
Un momento possibile.
Dentro l’impossibile che è per noi la vita.
Una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette tazze.
Nei salotti aristocratici. Nelle dimore degli umili
Rendere omaggio a rocce e acque.
Sete di infinito. Piccola coppa della gioia.
Piccolezza delle grandi cose.
Grande piccola coppa della gioia.
Piccola coppa della gioia umana.
Ma come? Tutto dentro una tazza di tè?
Un gran rumore per nulla ?
In Cina insensibilità si dice: stare senza tè.

Le sorgenti gorgogliano.
Nella teiera risuona il mormorio dei pini.
Benvenuti nel sogno dell’effimero,
nella insensatezza delle cose. Me-ra-vi-glia.
Prima storia delle patate

Il tè fu arte, racconto, leggenda.
Nelle case, intorno al tavolo da cucina,
mentre si preparava il cibo,
si raccontavano strane storie.
Uno raccontò di Bodhidarma, l’indiano, il gran santo.

E disse:

Bodhidarma meditava, meditava sempre,
ma aveva un problema: il sonno!
Allora nervoso pianta tutto lì,
saluta i discepoli e si mette in viaggio.
Cambia aria, cammina, cammina…
e un giorno arriva qui da noi.
E riprende a meditare.
Ma non serve!
Il problema non passa!
Perché ogni volta, sul più bello,
sempre a un pelo dall’illuminazione,
cadeva addormentato.

E allora un giorno cosa fa Bodhidarma?

Prende un coltello e dice:
“Palpebre, mie nemiche!
Palpebre che sempre vi chiudete!
Palpebre, d’ora in poi non vi chiuderete più!”

Il coltello va verso le palpebre.
Le taglia, stac,
e le getta lontano.
Era un santo il Bodhidarma.
E succede un prodigio!

Quelle palpebre, appena toccano terra
mettono radici.
Nasce una pianticina.
Una pianticina con piccole foglie
che quando le butti nell’acqua
diventano bevanda.
Una bevanda che tiene sveglio.
Il tè.
Il tè nasce dalle palpebre di Bodhidarma!

E Bodhidarma felice.
Beveva e meditava, meditava e beveva,
ore, giorni, mesi, anni…
non si fermava più.
Non si è più fermato.
Seconda storia

No, dice un altro,
non è così che nasce il tè.
Il tè nasce con un imperatore,
Un imperatore in viaggio.,
Un gran viaggio. Un gran seguito:
cavalieri, broccati, dignitari.
Un gran caldo!
E l’imperatore: tutti fermi!
Mi voglio riposare
All’ombra di quell’albero!
Portatemi un bicchiere d’acqua!
D’improvviso si sente un canto,
un canto meraviglioso di un uccello.
L’imperatore solleva gli occhi,
lo guarda estasiato
e nel frattempo
una fogliolina cade nel suo bicchiere.
Ma lui non se n’accorge,
e beve…e beve…
finché guarda i dignitari e dice:
“Quest’acqua ha un sapore meraviglioso!
Io ordino che quest’acqua diventi
la bevanda ufficiale dell’imperatore,
soprattutto dell’imperatore in viaggio!”
Terza storia

I dignitari sono gente strana, disse una donna.

Una volta uno di loro
invitò nel suo palazzo Lu Yu,
un grande maestro del tè.
“Assaggia quest’acqua, gli disse!
E’ l’acqua del fiume Yang-Tse,
che quando arriva qui, a Nanling,
nei miei possedimenti,
ha fama di essere
“l’acqua migliore sotto il cielo”.
Il dignitario prende una brocca, prende un mestolo
e porge l’acqua al maestro.
Il maestro appoggia appena le labbra al mestolo e sputa!
“Come ti permetti?”, urla il dignitario.
“Quest’acqua è di pessima qualità”, dice Lu Yu.
E’ stata raccolta sulle sponde del fiume
ed è contaminata da detriti e sali.
“Oh no!”, grida il dignitario.
Un centinaio di persone possono testimoniare
che io stesso personalmente ho attinto l’acqua
in mezzo al fiume.
Lu Yu prende il mestolo, lo riempie nuovamente,
nuovamente lo porta alla bocca e dice:
“Può essere che quest’acqua sia stata attinta in mezzo al fiume,
ma sicuramente è stata mescolata
con molta acqua attinta dalla riva.
Il dignitario impallidisce e confessa:
“E’ vero! Stavo sulla barca, mentre arrivavo a riva
c’è stata un’oscillazione, un traballamento,
tenevo la brocca in mano, si è versata molta acqua,
e io per non tornare indietro
ho riempito la brocca semivuota
con molta acqua raccolta dalla riva.”
Tutti a bocca aperta.
E il dignitario pentito urla:
“Maestro Lu, voi siete veramente un immortale!”:
Ultima storia

Ma la storia più bella
è quella del maestro Rikiu
che fece del bere il te
una cerimonia
Fu lui a dire: costruiamo per il tè
una stanza, però
separata dalla casa.
E per questa stanza inventò un nome,
un ideogramma
che significa:
dimora della Fantasia.
ma anche:
dimora del Vuoto
ma anche
dimora dell’Asimmetrico.

Dimora della fantasia: la casa è
una struttura effimera.
Fatta di legno e bambù.
Non è destinata alla posterità.
Legno e bambù.
Facile da abbattere, facile da edificare.

Dimora del vuoto: è priva di ornamenti.
E’ assolutamente vuota.
Quello che vi si trova:
i fiori, il bricco del tè, le tazze,
vi si trova solo temporaneamente.

Dimora dell’Asimmetrico:
è consacrata al culto dell’Imperfetto.
Volontariamente si lascia qualcosa di incompiuto.
Perché la bellezza sta nella vostra mente.
Tocca a voi completare l’incompleto.

Con freschezza. Con immaginazione.

E Riuku disse:
che tutto sia semplice e puro.
Lasciate la spada nella rastrelliera
perché la stanza è la Dimora della Pace.

Farete un profondo inchino ed entrerete
nella porta che sarà piccola,
non più alta di un metro.
Perché nella stanza si pratica l’Umiltà.

 

Sentiero

Il maestro disse:
che ci sia un portico, dove gli ospiti
attendono l’invito ad entrare.

Che tra la casa e la stanza ci sia un sentiero.
Che il percorrerlo sia il primo passo.
Che spezzi i legami con il mondo esterno.
Che dia freschezze.
Che prepari al godimento.
Che si cammini sul sentiero
lentamente, passo dopo passo.
Calpestando le regolari irregolarità dei ciottoli.
Regolari irregolarità.
Stanza te- Prima tazza

Il maestro disse:

Stanza del tè:
che sia povera.
Ma che la sua costruzione
richieda cura
precisione infinita.
Che ci si rivolga a mastri falegnami:
i migliori.

E disse:

Tregua, freschezza dell’immaginazione.
Siete voi gli artisti del tè.
Ora siete pronti al profumo del presente.
Al piacere.
Benvenuti alla prima tazza di tè

La prima tazza disse il maestro
da sollievo a labbra e gola.

Molti bevvero alla tazza di Riuku.
E fu conforto la bevanda
A labbra e gola.
Seconda tazza

La seconda rompe la solitudine

Sempre più gente attorno al maestro
La fama si estendeva,
di valle in valle, la voce arrivò
fino ai sacri recinti dell’imperatore.
Terza tazza

Disse Riuku:
La terza dal torpore
risveglia la mente.
Fruga nelle viscere.
E di mille nuovi
e sconosciuti ideogrammi
fa tiepido dono.

Disse l’imperatore:
Maestro, la tua fama
è inferiore alla tua sapienza.
Voglio che tu sia al mio fianco
per scandire il tempo del riposo
e del pensiero.

Attorno al maestro artisti, monaci,
innamorati del bello,
ricchi e poveri,
umili e potenti

Attorno alla bevanda,
attorno al tè,
arte, respiro, pace.

Sgocciolare della vita,
miele della dolcezza,
promessa di armonia.
Poesia.
Poesia

Canta un discepolo:

“D’alti e bassi è la vita;
sorge e tramonta il sole;
dunque, val tanto agitarsi?

Val tanto le altrui ciance temere?
Se fugaci son gli eventi
e non vi sono certezze?

Vale sognar ricche dimore,
fama e nome ricercare?

Vale, visto che anche i ricchi palazzi
crollan con grande ruina?

Fama, ricchezze, onori,
tutti effimeri sono.

Andate con gli amici in riva al fiume
sotto i salici a pescare
portate libri e tele da ammirare.

Storie antiche poi narrate
e racconti a lieto fine.
Faran gli uccelli eco al liuto.

Non curatevi degli altri.
L’acqua limpida attingete
dalla fonte che zampilla.

Preparate la miscela prelibata.
Poi gustate le delizie
delle sette tazze di Rikiu.
Quarta tazza

La quarta tazza, disse il maestro,
provoca leggero sudore.
Che tutto il male esca,
che la pelle respiri

Invidia nacque tra i cortigiani:
“Il sovrano è distratto,
attorniato da fannulloni,
da cantori e da scrocconi.

Quel Riuku in lui incide.
Adesso cura la serra
più non pensa alla guerra

Un giorno avevam mura solide
Adesso solo canzoni stolide!”

E crebbe la rabbia:
“Maledetto il giorno
che Riuku qui è arrivato.
Ma che vuole questo maestro,
venuto da lontano, che vuole,
questo ciarlatano?”

E i vapori della calunnia
cominciarono a correre
per le stanze del palazzo reale.

Gli dissero:
“attento, sovrano,
attento alla quinta tazza.”
Quinta tazza

“Alla quinta tazza, eccoti purificato”,
disse Riuku

“Dici il falso, maestro!” – gridò l’imperatore.
Fedeli cortigiani m’hanno avvertito:
hanno scoperto che i miei nemici
mi vogliono avvelenare
e che la morte giungerà
attraverso una delle tue tazze.

Ma non sarò io a morire.
Decidi tu come, decidi tu quando.

Il maestro accetta
la condanna a morte pronunciata dall’Imperatore..
Sesta tazza

“La sesta conduce
nel regno degli Immortali.”
Così disse il maestro
dopo aver riunito per l’ultima volta
i discepoli più fedeli.

Dalla stanza del tè arriva
il profumo di un raro incenso.
Intorno tristezza
e dolore immenso.
E’ il segnale.
Bisogna entrare.

Entrano i discepoli.
Il bricco comincia a bollire sul braciere.
Come il canto di una cicala sul finire dell’estate.
Il maestro serve il tè.
Ognuno beve in silenzio.
Riuku è l’ultimo.
Settima tazza

La settima che io bevo, ultima tazza,
sprigiona attorno al corpo
lieve brezza, così disse.

Poi a ognuno donò una tazza.
Ma la sua tazza,
quella la tenne in mano.

“Che questa tazza,
contaminata dalla sventura,
non possa più essere usata!”

Così dicendo la scagliò al suolo.
I discepoli chiusero gli occhi.
La tazza si ruppe in mille pezzi.
Uscita dalla stanza del te

I discepoli dicono addio al maestro e lasciano la stanza.
Solo il più fedele gli rimane vicino.
Il maestro si toglie l’abito da tè
e lo piega con cura sulla stuoia.
Guarda per l’ultima volta la tazza rotta
ed entra nell’ignoto.
Visione finale

All’inizio fu una tazza di tè.
Poi fu culto e cerimonia.
Poi in Occidente si cominciò a bere tè.
E piacque, piacque molto.
Partirono degli emissari.
Per cercare le qualità più pregiate.
Qualcuno barattò tè con oppio.
Ci furono guerre, guerre per il tè.
All’inizio fu una tazza,
poi fu culto e cerimonia.
Ora solo commercio.
Commiato

Le attrici accomiatano il pubblico consegnando ad ogni spettatore un bigliettino-programma di sala molto particolare, su cui è scritto…

Ancora oggi foglioline misteriose volano nell’aria.
Ancora oggi c’è da attraversare il fiume
alla ricerca dell’acqua più limpida.
Ancora oggi, attorno alla pelle delle patate,
fioriscono racconti.

In ricordo di chi si strappò le palpebre per meglio vedere.
Della bellezza racchiusa nel tempo di un rito.
Del percorso delle sette tazze.

Data e luogo della rappresentazione.
Le firme: Antonella…Arianna…Daria…Gigi…

Fine