Il teatro dello spettatore

Un’invenzione della Compagnia del Teatro dell’Argine e di Gigi Gherzi

info:

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ITC Teatro di San Lazzaro

Via Rimembranze 26

40068 San Lazzaro di Savena (BO)

Tel. direzione 051 6271604

Tel. biglietteria 051 6270150

Fax 051 6278647

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P

COME

PACHA

Presentazione

P come pubblico, P come pandilla, P come performativo,

P come possibilità, P come parola

Pacha è un libro, uno spettacolo è un’opera d’arte contemporanea, è la creazione

di spazi di interazione e di confronto.

Pacha è la storia di una donna, una moglie, una figlia lasciata sola, una madre capace di

accogliere, nutrire e inventare un modo nuovo di sopravvivere.

Pacha è la strada, l’avventura, il viaggio che la protagonista e ciascuno percorre dentro

di sé e fuori, nel mondo.

Pacha è il dialogo tra Gigi Gherzi, Pietro Floridia e Ericailcane, un attore-autore, un

regista e un artista visuale.

Pacha è quindi un insieme, un nodo stretto tra tanti fili, una lingua comune tra diverse

scritture, un’impronta in movimento.

Pacha è il dialogo nella rete internet tra i suoi naviganti, tra gli intellettuali e la società

civile, tra gli spettatori e l’opera; pone domande, indaga, cercando i segni di una nuova

epoca.

P

COME

PUBBLICO

il teatro dello spettatore

Teatro dell’Argine/Gigi Gherzi

LA STRADA DI PACHA

di Gigi Gherzi e Pietro Floridia

in scena Gigi Gherzi

regia di Pietro Floridia

scenografie di Gabriele Silva

video e installazioni di Ericailcane, Virgilio, Alicja Borkowska

Sedie bruciate, un baule, sabbia, conchiglie, latte arrugginite, pentole e padelle, gabbie per topi, giubbe

da soldato, elmetti militari. E’ il “museo” di Pacha, è la strada che ha percorso, fatta delle sue cose.

Pacha è una donna che vive in Nicaragua, in uno degli infiniti barrios poveri del mondo.

Ha raccontato la sua storia, fatta della felicità e dell’orrore di una vita dentro la strada.

Lunghe interviste raccolte e trascritte da Gigi Gherzi che con lei ha attraversato i mercati, i terminali di

autobus, i barrios di Managua, pieni delle storie e delle umanità che li popolano.

Lo spettatore sale sul palco, dove incontra gli oggetti di Pacha. Oggetti presentati come opere di un

museo.

Ogni oggetto ha nascosto dentro di sé un racconto e una domanda.

Lo spettatore intuisce una storia, talvolta piccoli video si animano dentro gli oggetti.

A ogni oggetto è legato un quaderno con un interrogativo, una provocazione, una visione poetica.

Lo spettatore è chiamato a dare un suo contributo, lasciando una traccia della propria presenza,

scrivendo sui quaderni, interagendo con gli oggetti, rispondendo agli stimoli attraverso un disegno,

delle parole, delle azioni.

Una prima risposta, regalata allo spettacolo. E il gioco può iniziare.

L’attore entra in scena. E’ un attore- autore venuto a raccontare del suo viaggio.

E lo fa partendo dalle tracce lasciate dagli spettatori, dalle loro riflessioni e dalle loro parole.

Ogni sera un’esperienza diversa, niente testo fisso, l’improvvisazione è assoluta ed è improvvisazione

d’autore, è composizione drammaturgica in diretta a partire dagli stimoli e dalle domande lasciate dal

pubblico.

Pubblico che di nuovo, a metà spettacolo, ritornerà alle domande e alla scrittura, si confronterà con

scelte che riguardano il destino del personaggio protagonista.

Ogni sera storie, aneddoti, personaggi diversi. Ogni sera uno spazio marcato dall’interazione tra attore

e pubblico. Video documentari, video d’animazione e in presa diretta regalano agli spettatori nuovi

stimoli per continuare a viaggiare insieme.

Una piccola comunità di spettatori-autori vive una festa, inventa un rito.

Teatro: luogo di azione poetica dello spettatore, della sua fruizione attiva, del suo essere coautore dello

spettacolo. Teatro dello spettatore

P

COME

PANDILLA

la rete delle idee

Pandilla in Nicaragua è una banda che presidia un territorio. Lo difende, Esige rispetto. Vuole lasciare

segni della propria presenza.

La Pandilla ama, aggredisce, rispetta la propria città. La Pandilla vive di complicità profonde, di

rapporti non formali.

Nella Pandilla la gioia della provocazione e la serietà assoluta del gioco.

La Pandilla di Pacha è fatta di persone, di idee, di proposte e di pensieri. Si rivolge agli artisti, agli

intellettuali, agli spettatori e ai lettori comuni. Nella Pandilla di Pacha Teatro, letteratura e arte

contemporanea s’interrogano sull’asse arte – libertà – individuo.

Come Pacha pongono al centro della propria riflessione la necessità dell’invenzione di nuove forme

della vita, delle relazioni, dei rapporti. Nuove forme di produzione artistica nuovi modi e possibilità,

per non essere più “spettatori”, nuovi riti e nuovi atti della comunicazione artistica e della battaglia

culturale.

La Pandilla prende le domande che Pacha pone nello spettacolo, nel libro, nella mostra e le fa girare, a

chi vuol approfondire un pensiero, a chi spettatore o lettore vuole continuare ad esprimere una

presenza. Domande grandi che riguardano l’invenzione, le reti, la condivisione dei saperi, il valore di

ciò che è considerato scarto ed esubero, le esperienze del Latino America, le nuove pratiche di

socialità e di condivisione.

Raccoglierà le risposte in uno spazio sul web, ma sarà anche occasione d’incontri reali, nello spazio

del reading, della lettura, dell’incontro, delle idee rimesse in circolo. Della festa.

Arte come antidoto alla solitudine dei pensieri. Partendo dalla necessità culturale di essere movimento.

P

COME

PERFORMATIVO

l’Arte come Antidoto

PACHA

video installazioni

Ericailcane + Virgilio

impianto scenografico

Gabriele Silva

video documentari

Pietro Floridia + Alicja Borkowska

ideazione Pietro Floridia

voce narrante e performer

Gigi Gherzi

Un museo in galleria.

Piccoli e grandi oggetti popolano il mondo di Pacha, sono oggetti vissuti, disintegrati, bruciati,

portatori di segni e di racconti.

Animazioni video e documentari emergono da supporti non convenzionali.

L’osservatore entra nell’opera, interviene con la sua presenza lasciando tracce del proprio passaggio,

sceglie il percorso, disegna, scrive, attiva macchine sonore, disseppellisce oggetti, ne nasconde altri,

decide il destino di una storia possibile all’interno della mostra.

Alla permanenza dell’opera in cui il fruitore diviene soggetto attivo, si alternano momenti performativi

in cui l’attore-autore Gigi Gherzi diviene guida e accompagna il pubblico nella lettura delle tracce, ne

svela i segni, interpreta i destini raccontando la storia degli oggetti del museo.

Nell’istallazione Pacha l’azione performativa vive in un connubio tra diversi linguaggi (teatrale,

autoriale, visivo), reso possibile grazie alla cooperazione tra Gigi Gherzi (attore e autore), Pietro

Floridia (regista teatrale) ed Ericailcane (artista visivo).

Il lavoro di Ericailcane è l’insieme di svariati metodi espressivi: wall painting, video, incisioni,

disegni, e aderisce al modello Underground Culture Research rimettendo in discussione le gerarchie e i

modelli estetici, utilizzando la tecnica del sogno, attingendo dal quotidiano, generando un universo

paradossale e contraddittorio, dove figure dalle sembianze umane vengono ibridate a personaggi dalle

sembianze animali.

L’azione si rivolge anche ad una rilettura della didattica per l’arte, utilizzandone gli strumenti propri, ad

esempio le audio-guide, ma reinventandone il senso:

Ad una “spiegazione ” della singola opera, si sostituisce un racconto a tappe interno all’opera stessa,

una scrittura autoriale che accompagna il fruitore in un viaggio, in un luogo ricco di segni in cui si

possono percorrere tracce già esistenti, segnarne di nuove e svilupparne un senso.

Un lavoro, un’occasione propizia per esaltare il piano esperienziale nello spettatore, che percorrendo

“il museo”, attivandone le installazioni, lasciando le proprie tracce, modifica l’opera diventando parte

integrante e fondamentale dell’evento artistico.

P

COME

POSSIBILITA’

Il nostro latinoamerica

LatinoAmerica è terra estrema. Dove tutto sembra esplodere. Nella ferocia, nella durezza,

nell’assurdo. Nella gioia. Nell’invenzione.

Pacha si occupa di questo. Del rinascere di forme nuove e inusuali di partecipazione popolare.

Dell’invenzione di reti di solidarietà sociale. A partire dal basso. Dalla testimonianza individuale e di

gruppo. Dalla forza e dalla potenza di una cultura indigena non ridotta a puro feticcio, ad oggetto di

consumo turistico.

Pacha è donna indigena. E porta tutta la forza della sua cultura originaria, la sua memoria del “fuoco”,

del cerchio, della vita comunitaria, all’interno delle metropoli devastate e globalizzate di oggi.

Pacha è donna che ha visto coi propri occhi gli effetti devastanti di un uso della guerra a bassa

intensità, quella più adatta a destabilizzare governi e popoli, per annegare nel terrore la possibilità

delle genti di costruirsi nuovi modelli e nuove pratiche.

Si è confrontata in Nicaragua con l’esperienza della guerra dei contras, della guerra in primo luogo

contro i civili e contro un popolo.

Pacha è attiva nei quartieri, nei barrios. Attenta alla costruzione di reti che assicurino vivibilità e

gestione del territorio. Attenta all’importanza delle aggregazioni minime, nate nella calle, nella via,

nella strada, nate dal rapporto tra las madres. E’ donna materna in senso non solo biologico, è il

femminile che rifonda reti di relazioni e di affetti.

Pacha ha conosciuto, nella città disperata e globalizzata, l’esplosione delle contraddizioni violente, la

trasformazione delle pandillas, delle bande giovanili, in organizzazioni criminali, il rapporto con

l’onnipresente e quasi ossessivo spaccio di crack.

Pacha sa che l’antidoto a tutto questo sta solo nella capacità di partire dagli ultimi. Solo allora ritornerà

un senso, capace di sostenere le vite fragili, di opporsi alla logica della distruzione e

dell’autodistruzione. Sa che solo nel rapporto con “gli ultimi”, l’azione sociale ritrova la sua logica, la

sua umanità, la sua fierezza, la sua poesia.

Parliamo del nostro Latino America perché solo uno sguardo superficiale e disattento vede in tutto

questo esperienze, magari commoventi, ma del tutto lontane dai problemi che ci pone il nostro agire in

questa parte del mondo.

Oppure le vede solo come testimonianza di un inguaribile primitivismo, romantico e velleitario. O

peggio ancora di un ingenuo populismo, termine abusato nel giudicare le esperienze sudamericane,

sopratutto da chi privo di strumenti concettuali e di curiosità umana ed esistenziale profonda,

preferisce il giudizio e l’etichetta all’affrontare le domande radicali che quella esperienza ci pone.

Il nostro Latino America, perché delle volte la distanza fa gioco, permette di vedere con una lente

d’ingrandimento contraddizioni e drammi della postmodernità e della globalizzazione, rimette in gioco

e in discussione anche le nostre pratiche, ci chiede davvero di aprirci a un nuovo mondo e a un nuovo

modo di concepire individuo e società.

Pacha come momento di apertura di interesse, di domande, di relazioni con quel continente. Perché la

sua storia insegna che ogni passo, anche il più piccolo, se rifonda umanità, è già rivoluzione.

P

COME

PAROLA

il romanzo

Pacha nasce come un romanzo.. Il suo titolo: Pacha della strada di Gianluigi Gherzi e Giovanni

Giacopuzzi.Esce nell’anno 2008 per l’editore “Sensibili alle foglie”.

Un romanzo atipico. Nasce da ripetuti viaggi in Nicaragua, da una lunghissima serie di interviste con

un testimone privilegiato, interviste che poi daranno il via alla scrittura del romanzo vero e proprio.

Nasce dalla conoscenza e dall’esplorazione svolta negli ultimi dieci anni di alcuni dei posti

fondamentali nella vita di Managua e del Centro America: i barrios poveri, i mercati, gli immondezzai,

i luoghi di vita e di ritrovo dei ninos de la calle – i bambini di strada. Nasce dalla condivisione di

obiettivi e pratiche d’intervento con il progetto “Los Quinchos” che lavora insieme ai bambini di

strada di Managua e di tutto il Nicaragua.

Una scrittura a quattro mani. Dove insieme Gherzi e Giacopuzzi hanno compiuto tutti i passi della

ricerca e della conoscenza delle situazioni, insieme hanno realizzato una serie di interviste, partendo da

una pratica che si rifà al giornalismo d’inchiesta, insieme hanno sviluppato il rapporto con il testimone

privilegiato. Poi ognuno di loro si è occupato di disegnare l’opera, partendo da una trama condivisa

nelle finalità e negli snodi narrativi di fondo. Il risultato è stata la nascita di due scritture, di due

modalità di attraversare situazioni e personaggi, modalità che si sono poi unite all’interno di una

sintesi finale.

Pacha della strada è un romanzo che non si scorda dell’oralità. Perché dall’oralità delle interviste

nasce, cerca di raccogliere ritmi e intonazioni delle voci. Ma, nello stesso tempo, da quelle voci parte

per costruire un tessuto narrativo polifonico, dove l’oralità slabbra in cronaca, in aperture liriche, in

poesia, in quadri surreali e grotteschi.

Pacha della strada ama essere non solo un libro da comprare in libreria o da diffondere nelle reti.

Ama presentarsi in pubblico. Per ritornare all’oralità di una voce a diretto contatto con un

interlocutore, con l’appassionato e il curioso che viene ad assistere a una presentazione del libro.

Due voci nella presentazione. Giacopuzzi inquadra, contestualizza, riempie di riferimenti precisi i

fatti e le situazioni narrate dal libro. Attraversa, con stile da giornalista d’inchiesta, colmo di aneddoti e

di racconti reali, i grandi temi toccati dal libro: la presenza delle culture originarie in Centro America,

le guerre degli anni ’80, le esperienze di vita nei barrios, la realtà dei grandi mercati popolari,

l’evolversi delle bande giovanili, i fenomeni di degrado della metropoli nella sua nuova forma

globalizzata.

Dopo l’esposizione di ogni tema, interviene immediatamente la parola del libro che narra, scende nelle

viscere delle situazioni e dei personaggi, ironizza, affresca, si rivolge alla parte più emotiva e

visionaria dell’ascoltatore.

L’obiettivo è una presentazione di libro come un atto culturale e artistico che ha valore in se stesso

e non solo come ponte per l’acquisto del libro. Nella ricerca di un ascolto emotivo e partecipato che

rompa con l’attitudine seriosa e autoreferenziale di troppe presentazioni. Per restituire al libro la sua

natura di ponte che genera scambio, dibattito, conoscenza tra le persone.

Per uscire dalla dimensione della fruizione individuale e solitaria della letteratura, per restituire anche

ai luoghi che ospitano le presentazioni: associazioni, locali di ritrovo, librerie, teatri, la possibilità di

far conoscere il libro in una dimensione vivace, partecipata, vibrante.