Lunedì, 14 Maggio, 2007

Il teatro per capire: la scena dell'incontro
di Nicola Zuccherini

I laboratori dell'Itc teatro diventano uno spettacolo multiplo sui conflitti del mondo contemporaneo 
C'è speranza se questo accade a San Lazzaro di Savena. La frontiera, oggi e in Italia, passa infatti in mezzo a queste periferie, a questi piccoli centri in cui la vita sembra già fatta, basta accumulare, difendere, rinnovare il benessere e il modo di vivere, e poi tutti pensano bene, tutti hanno le opinioni "giuste". Poi, una sera, in un laboratorio teatrale (siamo a Ponticella di San Lazzaro, a qualche chilometro da Bologna), vedi questa cosa incredibile. Cinque squadre di giovanissimi, in tutto un'ottantina tra i quindici e i venticinque anni, ciascuna a confronto con un testimone diretto della vita in paesi tormentati per creare una piccola stazione, un breve quadro drammatico, con la guida di un "regista" più esperto ma non più anziano (o non molto) e sotto l'occhio vigile di un attore, un autore o un regista della Compagnia Teatro dell'Argine. È stato infatti il noto gruppo insediato al Teatro Itc a promuovere La scena dell'incontro, evento andato in scena nei giorni scorsi di fronte a un pubblico numeroso, con la promessa di svilupparsi in ulteriori creazioni e iniziative. Bolivia, Brasile, Iran, Mozambico, Palestina/Israele: queste le aree geopolitiche interrogate dai giovani allievi provenienti dai lavoratori che il Teatro Itc svolge nella propria sede e presso le scuole del bolognese. Ragazzi protagonisti, grazie alla brevità delle cinque stazioni, che permetteva di esaltare l'energia, l'intensità (impressionante in alcuni casi) dei giovanissimi attori, senza sbavature e indulgenze. Un'opportuna scuola di sintesi.
Ci sono un'altezza gesuitica e una purezza francescana in questa "pedagogia teatrale" che – hanno spiegato gli artefici della cosa – vuole coltivare "immaginazione, passione, pensiero critico e coscienza civile nella speranza che da qui germinino anticorpi efficaci all’indifferenza e alla passività dilaganti nella nostra società". Ognuno dei cinque spettacoli applica diverse tecniche teatrali: marionette (realizzate con barattoli di alluminio) per raccontare le peregrinazioni degli orfani del Mozambico, fantasmatiche riprese video in diretta per dire la vita agra dei rifugiati politici iraniani, figure in carta per sondare i segreti dei minatori boliviani, una regia dello spazio per segnare le esistenze confinate di israeliani e palestinesi, giochi circensi per rivelare la ricerca di dignità dei catadores (raccoglitori di rifiuti) brasiliani. Il confronto con le tecniche è servito, ci sembra, da efficace veicolo per un approccio meditato e ragionante nei confronti di tali difficili temi, come non avrebbe mai potuto la semplice drammatizzazione. Usando gli strumenti dell'espressione teatrale, questi adolescenti hanno imparato a maneggiare i problemi, oltrepassando di slancio i limiti della correttezza politica e dell'umanitarismo per darci una preziosa lezione sulla trasformabilità del mondo. Della quale li ringraziamo.